Passato il 2 giugno – data in cui celebriamo la Festa della Repubblica – possiamo fare qualche riflessione. Per esempio: dopo oltre settant’anni, siamo sicuri che la Repubblica italiana sia davvero compiuta? Personalmente, ho i miei dubbi: credo anzi che ci sia poco da festeggiare.. E molto da ricostruire.
La Costituzione italiana – che dovrebbe essere il nostro faro – stabilisce, all’articolo 3, che è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che impediscono una reale uguaglianza tra i cittadini. Ma questi ostacoli non solo non sono stati rimossi: nel tempo, come ormai evidente a chiunque abbia un minimo di sale in zucca, si sono anzi rafforzati.
Viviamo in un Paese in cui una fetta crescente di popolazione si impoverisce ogni giorno. L’inflazione ha colpito duramente i redditi medio-bassi, il caro-carburanti è fuori controllo, e i prezzi (nei supermercati e altrove) continuano a salire senza che nessuno intervenga in modo efficace.
Mentre i cittadini si ritrovano sempre più spesso a dover scegliere tra pagare una bolletta o fare la spesa, lo Stato osserva – o peggio, tace. Chi ci governa ha (da tempo) abdicato al principio di giustizia sociale in nome di logiche economiche che nulla hanno a che vedere con i diritti.
La verità è che, nel 2025, molti degli articoli più avanzati della nostra Carta restano lettera morta. E il 2 giugno, più che una festa, dovrebbe essere una giornata di riflessione civile. La Repubblica non si costruisce con le (auto)celebrazioni, ma garantendo ogni giorno diritti reali ai cittadini.
Da parte mia, ribadisco l’urgenza di ridare senso e forza alla nostra Costituzione. Continuerò a denunciare l’inazione dello Stato, a rappresentare chi è stato lasciato indietro, e a chiedere – con forza – che l’Italia torni ad essere davvero una Repubblica fondata sulla dignità e sull’uguaglianza.
Ognuno sceglie da che parte stare: dalla parte di chi celebra, o di chi ricostruisce.