Sbagliando si impara? Non a Roma!

Cari amici,

dopo lo scandalo Mafia Capitale e tutto il clamore generato dall’inchiesta pensavo, o meglio speravo, che la malavita decidesse di darsi una calmata e di interrompere, almeno per un po’, la propria attività criminale. E invece, mi sono solo illuso!

La Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo ha fatto il punto sulla penetrazione delle mafie nel Lazio, in particolare a Roma, e i risultati non sono affatto incoraggianti.

Nel periodo che va dal luglio 2014 a giugno 2015, non solo la malavita laziale e romana è aumentata ma si è anche auto-organizzata in tutta una serie di piccole realtà criminali, autoctone e fortemente legate al territorio, che hanno dato vita a nuovi business e nuovi sodalizi specie grazie all’acquisto di immobili e società.

Insomma, dopo la “Banda della Magliana”, a Roma non è mai più esistita un’organizzazione criminale, riconducibile a uno o più capi, egemone su tutte le altre, ma la “casa madre” si è frammentata in una serie di sotto-organizzazioni che, più o meno pacificamente, si dividono il mercato dell’usura, del gioco d’azzardo e del commercio di stupefacenti.

I famigerati Casammafia_capitaleonica, quindi, nonostante rappresentino il gruppo più attivo e radicato sul territorio della capitale, sono soltanto una delle famiglie a cui ricondurre l’intero sistema mafioso.

Le mafie hanno, poi, modo di agire completamente indisturbate: intimidazioni e minacce fanno sì che nessuno abbia il coraggio di denunciare e che le vittime vivano in un clima di costante paura. Proprio come è successo a tutti quelli finiti nella rete del clan capeggiato da Carmine Fasciani, condannato a 28 anni di reclusione. Nel testo della relazione si legge che “la mancanza di denunce nei confronti del clan, le testimonianze rese dalle vittime, scrive il tribunale attestano un generalizzato e diffuso clima di paura, che investe pesantemente e coinvolge la società civile, e denota come l’associazione del Fasciani avesse già realizzato un profondo inquinamento del territorio, assoggettandolo al suo dominio criminale e devastandolo nella sua legalità”

Ma, al netto di tutto, la conclusione più amara a cui è giunta la Direzione distrettuale è che Mafia Capitale non ha cambiato assolutamente nulla: l’inchiesta ha senz’altro ha avuto il merito di scoperchiare il vaso di Pandora della criminalità organizzata a Roma, ma non ha influito minimamente sulla corruzione e sull’affidamento improprio degli appalti pubblici!

Come scrisse qualcuno: “Vanità delle vanità, tutto è vanità. Una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa”.

La triste verità è una sola: la corruzione, ormai, è talmente tanto diffusa e radicata sul territorio da non costituire più l’eccezione ma la regola, da essere considerata ormai “sistema”. E tutto questo deve finire! Non intendo rassegnarmi all’idea che a Roma nulla potrà mai cambiare e questo è uno dei tanti motivi che mi ha spinto a candidarmi come sindaco.

A presto,

Carlo

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