POVERTÀ, ANCORA LE BRICIOLE


Cari amici,

l’ultimo rapporto Istat (relativo al 2015) ci dice che una persona su tredici in Italia vive in povertà assoluta. Un milione e 582 nuclei familiari soffrono uno stato di miseria (il numero più alto dal 2005 a oggi) e il Governo che fa? Va avanti a “contentini”!
Oltre ai pantaloni a zampa di elefante quest’anno è tornato di moda il famoso bonus da 80 euro. A partire dal 2 settembre sarà disponibile per le famiglie più in difficoltà la carta di credito elettronica, altrimenti chiamata “sostegno di inclusione attiva”, giusto per dare una parvenza di serietà all’iniziativa.
In pratica la persona in difficoltà potrebbe ricevere un sostentamento di 80 euro – Renzi è affezionato a questa cifra, sarà forse un numero che gli avrà portato fortuna? – per un massimo di 400 euro a nucleo. Un beneficio – attenzione! attenzione! – da concedere ogni due mesi. Già, ogni mese pareva brutto!
Ma vediamo più nel dettaglio le condizioni per farne richiesta:  oltre ad avere un indice Isee inferiore a 3mila euro (cioè, praticamente, nullo), sotto il tetto familiare deve esserci almeno un minorenne, o un disabile, va bene anche una donna in stato di gravidanza! Dopo aver fatto richiesta – che ripeto, sarà possibile solo dal 2 settembre in poi – bisognerà attendere il verdetto. A seconda della situazione di ciascuno (reddito, carichi familiari), verrà assegnato un punteggio.
Se tutto va bene, si riceverà la Carta Sia, con la quale si possono effettuare acquisti in tutti i supermercati, negozi, alimentari, farmacie e parafarmacie abilitati al circuito Mastercard.
Il Ministero ci ha tenuto a sottolineare che se il budget di partenza per il 2016 è di 750 milioni di euro, l’anno prossimo potrebbe anche raddoppiare. Vorrei provare a rispondere al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che più che “una soluzione ponte”, citandolo testualmente, a me sembra un’operazione cuscinetto, e neanche per tutti!
Tale misura, infatti, ha già mostrato in passato tutti i suoi limiti. Il primo test sul funzionamento del Sia, partito nel 2013, ha riguardato undici grandi città italiane per un anno, coinvolgendo solo 6.500 famiglie e 27mila persone, cioè, il 5% dei cittadini degli aventi i requisiti per accedere al contributo. Non solo non è stata prevista alcuna campagna di comunicazione sull’iniziativa (il che non è il massimo, quando si vuole promuovere la presentazione delle domande da parte delle persone in difficoltà), ma Caritas e Alleanza contro la povertà hanno denunciato il “mezzo flop” dell’iniziativa: se si trasferiscono solo risorse (e neanche tante), infatti “non si aiuta a uscire in modo stabile dall’indigenza”.
A quanto pare, a una seria politica anti-povertà, preferiamo continuare a dare le briciole! Quando si tratta di sostenere la parte più svantaggiata della popolazione, le soluzioni si rivelano sempre necessarie ma mai sufficienti: è il caso anche della social card 2016, destinata ai disoccupati. Alcuni parametri sono gli stessi della Carta Sia (Isee inferiore a 3000 euro, cittadini della comunità europea o con regolare permesso di soggiorno), ma ecco ricomparire (ancora una volta) il fattore discriminante: la residenza. Si, perché non basta non avere lavoro, devi essere residente nei Comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia o Verona, altrimenti sei tagliato fuori!
Capite bene che si tratta di una logica selettiva, dove a beneficiare dell’aiuto è una parte ristretta della popolazione, e non l’intera comunità.
Mi chiedo se il Governo possa destinare somme ben più considerevoli alle famiglie disagiate, magari sospendendo l’acquisto dei caccia F-35 (che vanno avanti, nonostante il Parlamento) o riducendo una volta per tutte gli sprechi della pubblica amministrazione.

So che a questa domanda non seguirà alcun dibattito: la risposta mi pare già fin troppo chiara.

A presto,
CR

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *