PERDITE PUBBLICHE, PROFITTI PRIVATI


Cari Amici,

ormai è chiaro: le banche italiane sono sull’orlo del precipizio. Non è solo il fatto che ABI e Padoan si affannano ogni giorno a dire il contrario, che rafforza questa certezza: chiunque abbia occhi per vedere lo ha capito da un bel pezzo. Mentre, infatti, banchieri e tecnocrati spargono rassicurazioni cui non crede più nessuno, i risparmiatori non si fanno prendere (un’altra volta) in giro. Non dimenticano che abbiamo la banca più disastrata d’Europa, che al primo stress test praticamente fallisce. E che i nostri (si fa per dire) istituti continuano a essere imbottiti di sofferenze (prestiti concessi in passato,  e che difficilmente torneranno indietro): 360 miliardi di euro in totale, come ha ammesso anche Bankitalia.

Negli anni scorsi, quindi, alcune (molte) banche hanno concesso finanziamenti a pioggia. Per gran parte si ritrovano in mano crediti praticamente inesigibili, ossia che non valgono niente: un po’ perchè la crisi ha messo in difficoltà molte aziende, specie al Sud, un po’ (soprattutto) perchè non sono mancati prestiti, regalucci e regalie ad amici e furbetti di ogni tipo. Ecco perchè hanno cominciato a soffrire, di fronte a ogni accidente del mercato, più delle loro concorrenti europee: se in pancia ti ritrovi una montagna di titoli che valgono zero (o giù di lì), basta una voce, un sospetto, un timore e la frittata è fatta. Tanto che, solo qualche settimana fa, è bastata la paura di una recessione cinese per gettare tutti nel panico.

Tutto questo, incredibilmente, è avvenuto nel sonno profondo delle autorità di vigilanza. Il che, purtroppo, non è una novità – ed è facile citare il caso delle 4 banche: bond subordinati si sono trasformati all’improvviso in carta straccia, mettendo sul lastrico migliaia di clienti, ma nessuno si era accorto del pericolo (anche quelli pagati per farlo). Basta leggere il prospetto di uno dei titoli di Banca Marche, Etruria, CariChieti e CariFe, per capire che Consob e Bankitalia non hanno vigilato un bel niente: i clienti avrebbero dovuto capire da soli, sfogliando documenti informativi scritti in illegibile burocratese, il rischio di titoli che Jonathan Hill (commissario europeo ai servizi finanziari) ha definito “inadatti ai risparmiatori”?

Adesso, comunque, la situazione è “delicata”. E come sempre, i soliti noti (Banca d’Italia, l’associazione delle banche, Confindustria e persino il Fondo Monetario Internazionale) chiedono l’investimento pubblico. I soldi nostri, insomma, dovrebbero ancora una volta salvare questi “capitani coraggiosi” (che coraggiosi non sono). Come a dire, i guadagni sono privati, ma le perdite sono di tutti: privatizzazione dei profitti, socializzazione delle perdite. La conferma, qualche mese fa, in un surreale e imbarazzante pubblicazione del Centro Studi di Confindustria, che cerca di convincerci che per aiutare le banche abbiamo speso.. Troppo poco! Noi cittadini avremmo dovuto fare di più, per i nostri amati banchieri. E invece, li abbiamo abbandonati!

Io, a questi giochini, non ci sto. Già qualche mese fa dicevo che dovevano essere manager incapaci (o disonesti) e autorità di vigilanza (se dormienti, come in questi casi) a rispondere dell’accaduto, e non certo i contribuenti, che passano gli anni ma devono sempre “contribuire” per colpe d’altri. E ancora, dico ‘NO’ a chi – solo quando gli interessa – chiede uno Stato-badante: sono nettamente contrario a ulteriori aiuti pubblici a Monte Paschi di Siena. E sono contrario, senza se e senza ma, alla possibilità che gli aiuti arrivino dalle Casse di Previdenza dei professionisti. Le casse previdenziali devono mettere la parola fine all’intervento nel fondo Atlante 2 e dire un definitivo “no” al Governo, salvando così i risparmi di centinaia di migliaia di persone.

Altrimenti, di questo passo, saranno sempre i cittadini a pagare.

A presto,

CR

 

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