Medici non obiettori: mosche bianche in Italia

Cari amici,

negli ultimi giorni si è molto discusso sulla pronuncia del Consiglio d’Europa a sfavore dell’Italia in merito alle non poche difficoltà che incontrano tutte quella donne che intendono interrompere la gravidanza.

saluteCome già saprete, tutto ha avuto inizio dal ricorso che la Cgil ha presentato a Strasburgo. Il motivo del ricorso? La mancata applicazione della Legge 194 del 1978, che regola l’accesso ai servizi di interruzione volontaria per le donne. Una denuncia che, oltre all’approvazione del Consiglio d’Europa, ha suscitato un clamore inaspettato. Già, perché fino all’altro ieri sembrava andasse tutto a posto, almeno secondo il Ministero della Salute che nella relazione annuale dello scorso novembre aveva dicharato che in merito all’aborto il sistema funzionasse alla perfezione.
Da qui una domanda sorge spontanea: come mai, allora, è bastata che la Cgil si ribellasse per mettere tutto in dubbio?
Forse qualche dato può spiegarcelo: in Italia i medici obiettori di coscienza sono in continua crescita. Sempre il Ministero della Salute ci dice che siamo arrivati a sfiorare il 70%. Ma la situazione non risulta omogenea. Ci sono zone come la provincia di Bolzano (92,9%), il Molise (93,3%) e la Basilicata (90,2%) dove la percentuale è altissima.
Questo va a svantaggio di quei pochi medici (ormai delle mosche bianche) che per aver rifiutato l’obiezione di coscienza si trovano a praticare sempre e solo aborti per soddisfare la domanda.
In Molise, ad esempio, un non obiettore compie in media 250 interventi l’anno. Ci sono, poi, regioni come il Lazio o la Sicilia con picchi di 9,4 interventi a settimana per medico. Infine, ci sono territori (ancora una volta il Molise) dove le strutture che praticano l’interruzione di gravidanza volontaria sono il 30%.
La situazione appare più problematica di quanto potessimo pensare, se lo Stato non riesce davvero a garantire la libera scelta delle donne, senza discriminazione alcuna.

A presto,

CR

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