CANONE IN BOLLETTA, LA SOLUZIONE SBAGLIATA


Cari Amici,

come ormai sanno tutti, il decreto n. 94 del Ministero dello Sviluppo Economico ha sancito l’inserimento del “Canone Rai” all’interno delle bollette elettriche, con un importo leggermente più basso rispetto al passato (100 euro anziché 113,50). Per me si tratta di un’idea sbagliata, e vi spiego perchè.

Stendiamo un velo pietoso sul fatto che il decreto arriva con oltre quattro mesi di ritardo rispetto alla data fissata dalla legge e dopo che il Consiglio di Stato, per ben due volte, ha esposto “perplessità” in merito ai contenuti del provvedimento. Tralasciamo pure che l’operazione del “Canone in bolletta”, in generale, è stata gestita con una confusione e un pressappochismo allucinante (ritardi, ripensamenti, dubbi di ogni genere, informazioni contraddittorie, e chi più ne ha, più ne metta). E lasciamo da parte il fatto che la Rai scialacqua allegramente le sue risorse, come dimostrato dal caso degli stipendi d’oro pagati a ogni genere di personaggi, anche per non lavorare.

Ma anche se restringiamo la valutazione al nuovo sistema di pagamento in sè, l‘illogicità e le storture del nuovo sistema di pagamento introdotto dalla Legge di Stabilità 2016 sono evidenti.

In primis, l’inserimento in bolletta snatura l’imposta legata al possesso di un apparecchio TV, legandola al pagamento di un servizio del tutto diverso (come l’utenza elettrica). Cosa c’entrino una tassa sulla detenzione di “apparecchi atti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni televisive”, e il consueto pagamento dell’utenza della luce, resta un mistero tutto italiano. Non solo: è altrettanto evidente l’anomalia relativa al nuovo sistema di riscossione. Un soggetto privato (l’impresa fornitrice di energia elettrica) si sostituisce infatti allo Stato per l’incasso di un importo che spetta all’Erario. Peccato che i fornitori di energia non possano trasformarsi in esattori per recuperare il canone Rai, semplicemente perché si tratta di un compito che non gli compete. Si tratta di un controsenso logico evidente, per nulla ridimensionato dalla necessità di recuperare la larghissima evasione che caratterizza il Canone TV (basti pensare che a Milano quasi un cittadino su due non lo paga, come si vede nella mappa dell’evasione).

E le assurdità non finiscono qui. Proprio in riferimento all’evasione, infatti, se è vero che il nuovo meccanismo di pagamento e riscossione del canone agevola l’Erario, allora lo “sconto” praticato al contribuente risulta piuttosto esiguo: dati alla mano, infatti, il Governo avrebbe potuto abbassare il balzello fino a 80 euro. Se con il rinnovo della tassa, inserita nella bolletta, l’obiettivo fosse stato raccogliere quanto Viale Mazzini ha raccolto fino ad oggi, l’importo della tassa sarebbe dovuto essere ben più basso.

Last but not least, anche se non lo dice nessuno, non posso ignorare la reiterata violazione dello Statuto del Contribuente: l’Agenzia delle Entrate avrebbe infatti dovuto richiedere ed ottenere — da parte delle anagrafi comunali — i dati relativi alla composizione dei nuclei anagrafici, così da evitare duplicazioni e confusioni; e ciascun utente avrebbe dovuto disporre di 60 giorni dall’entrata in vigore di tutti i provvedimenti di attuazione per presentare eventuali dichiarazioni di esenzione dal pagamento. Avremmo così evitato il pasticcio che si è creato, con la gran parte dei cittadini (anche quelli intenzionati a saldare il dovuto) che non ha capito cosa pagare, come, quando.

Ecco perchè si tratta di un’idea sbagliata, alla quale ci opporremo. Anche se l’obiettivo era quello giusto, gli strumenti scelti fanno la differenza: e a noi, questi, non vanno proprio giù.

A presto,

CR

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