APPLE, SAMSUNG E L’OBSOLESCENZA PROGRAMMATA


Apple e Samsung, secondo l’Antitrust italiana,hanno realizzato pratiche commerciali scorrette in violazione degli artt. 20, 21, 22 e 24 del Codice del Consumo in relazione al rilascio di alcuni aggiornamenti del firmware dei cellulari che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto in modo significativo le prestazioni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli stessi”.

È incredibile che due aziende da anni in concorrenza spietata si siano “macchiate” della stessa “colpa”. Eppure è così: i due colossi delle telecomunicazioni “hanno, infatti, indotto i consumatori – mediante l’insistente richiesta di effettuare il download e anche in ragione dell’asimmetria informativa esistente rispetto ai produttori – ad installare aggiornamenti su dispositivi non in grado di supportarli adeguatamente, senza fornire adeguate informazioni, né alcun mezzo di ripristino delle originarie funzionalità dei prodotti”.

In particolare, secondo l’Antitrust:

  • Samsung ha “insistentemente proposto, dal maggio 2016, ai consumatori che avevano acquistato un Note 4 (immesso sul mercato nel settembre 2014) di procedere ad installare il nuovo firmware di Android denominato Marshmallow predisposto per il nuovo modello di telefono Note 7, senza informare dei gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware e richiedendo, per le riparazioni fuori garanzia connesse a tali malfunzionamenti, un elevato costo di riparazione”.

  • Apple ha “insistentemente proposto, dal settembre 2016, ai possessori di vari modelli di iPhone 6 (6/6Plus e 6s/6sPlus rispettivamente immessi sul mercato nell’autunno del 2014 e 2015), di installare il nuovo sistema operativo iOS 10 sviluppato per il nuovo iPhone7, senza informare delle maggiori richieste di energia del nuovo sistema operativo e dei possibili inconvenienti – quali spegnimenti improvvisi – che tale installazione avrebbe potuto comportare. Per limitare tali problematiche, Apple ha rilasciato, nel febbraio 2017, un nuovo aggiornamento (iOS 10.2.1), senza tuttavia avvertire che la sua installazione avrebbe potuto ridurre la velocità di risposta e la funzionalità dei dispositivi. Inoltre, Apple non ha predisposto alcuna misura di assistenza per gli iPhone che avevano sperimentato problemi di funzionamento non coperti da garanzia legale, e solo nel dicembre 2017 ha previsto la possibilità di sostituire le batterie ad un prezzo scontato”.

Insomma: l’Antitrust ha accolto in pieno la nostra denuncia, aprendo così la porta ad azioni risarcitorie contro Apple e Samsung da parte del Codacons e degli utenti. Una pronuncia rivoluzionaria a tutti gli effetti: la prima al mondo a riconoscere e condannare questa pratica che renderebbe vecchi i prodotti tecnologici prima della loro fine naturale

Queste accuse, gravissime, hanno comportato le consuete sanzioni, solo apparentemente salatissime, in realtà molto meno: dieci milioni di multa alla Apple, cinque invece alla Samsung. Il massimo (“edittale”) possibile, certo, ma pur sempre cifre che fanno il solletico a multinazionali di questo calibro. Apple e Samsung non hanno certo difficoltà a reperire queste somme, e chi lo pensa è un ingenuo.

Le sanzioni inflitte dall’Autorità, insomma, non bastano. Non ci bastano, almeno. Il Codacons ha quindi presentato un esposto a 104 Procure della Repubblica di tutta Italia, chiedendo di aprire indagini sul territorio nei confronti di Apple e Samsung per le possibili fattispecie di truffa e aggiotaggio, e per eventuali reati legati alle comunicazioni telematiche sulla base degli artt. 616 del codice penale e 315 bis cpp.

Un altro fronte riguarda le possibili azioni risarcitorie in favore degli utenti: è evidente il danno economico derivante da queste pratiche commerciali scorrette, danno che ora dovrà essere risarcito nelle sedi opportune. Ora è tempo di intervenire a tutela di questi diritti, che altrimenti rimarrebbero – come sempre – inascoltati: chi ha acquistato i prodotti in questione può quindi attivarsi per richiedere il risarcimento del danno subito, nel caso dalle indagini dovesse scaturire un rinvio a giudizio. Per farlo occorre inviare una nomina di persona offesa alla Procura della Repubblica che si occupa del caso.

Adesso si apre una nuova pagina: noi ci saremo, a tutela dei diritti di tutti.

CR

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